Dicembre 19th, 2018

Corsa ai regali di Natale: sostenibilità mode on

di rén collective

Di Lorenza Vacchetto

Art. 9/2018 – Responsabile editoriale: Lorenza Vacchetto


Comincia il countdown per le festività natalizie e tutti entriamo in fibrillazione!
Alzi la mano chi può dire di aver già depennato la voce “regali di Natale” dalla to-do-list.

Dicembre, si sa, per molti vuol dire corsa febbrile ai regali. Affare e risparmio non devono mai mancare anzi, di norma, diventano il fattore guida per acquisti spasmodici all’insegna dell’accumulo di capi ai prezzi più bassi, nell’intento di spendere poco e comprare tanto. Così facendo però spesso succede che si insegua più la quantità che la qualità, finendo per restare insoddisfatti nel lungo periodo.

Ma è proprio vero che l’unico modo per affrontare il periodo più frenetico dell’anno sia quello di andare all’assalto delle occasioni più succulente?

Per questo Natale proviamo ad invertire la tendenza: pensiamo etico!

Le buone intenzioni ci sono, le premesse anche. Cosa manca?

Arrivare con le idee chiare e preparati all’acquisto sostenibile è il primo passo per fare spese mirate e durature, arricchendo il guardaroba di capi che non vi pentirete mai di avere acquistato e che, una volta calmato il polverone, vi accompagneranno più del tempo di una stagione.

Semplicemente crediamo che il risparmio vero, per le nostre tasche (ma anche per l’ambiente) stia nell’acquistare solo ciò che utilizzeremo con certezza. E la fretta il più delle volte è una cattiva consigliera, così come gli sconti che invogliano sì, ma che di reale hanno ben poco!

Sembreranno idee trite e ritrite, ma vi assicuriamo che possono portare la rivoluzione nel vostro armadio!

E che, secondo la filosofia del ‘‘poco ma buono’’, potrete anche permettervi quel capo più costoso che desiderate da tanto, evitando ulteriori spese in acquisti inutili e poco performanti.

Lo stile che promuoviamo è ragionato, pensato per essere portato con consapevolezza non solo di filiera, ma prima ancora di quello che il più delle volte giace inutilizzato nei nostri guardaroba. Abbiamo davvero bisogno di un nuovo abito da abbandonare nell’armadio? La risposta corretta è quella che viene dopo un’attenta e obiettiva analisi del vostro guardaroba.

Per essere una vera it girl della moda etica bisogna usare la testa: il consiglio è di puntare su modelli intramontabili, sposando trend di stagione che non rischino di essere ‘‘meteore’’, ma soprattutto – non ci stancheremo mai di dirlo! – su tessuti in fibre naturali.

  • Guardare l’etichetta è infatti importantissimo: al bando il poliestere (a meno che non sia 100% riciclato) che dilaga ormai in tutto il tricot. Con un occhio allenato e un tatto raffinato potremo portarci a casa dei capi in cachemire invidiabili.

Consiglio di stile: l’ultima tendenza propone di abbinare alla maglieria sete e cotoni, scegliendo canotte e biancheria – anche a vista – che devono essere rigorosamente certificati. Niente inserti sintetici ma solo cuciture a mano e accessori di alta sartoria. Talmente belli che sarebbe un peccato non farli vedere!

  • Preferire le aziende italiane o che producono in Italia (e sono tante!), che curano sia le materie prime che la lavorazione è un imperativo. La manifattura nostrana è un must in tutto il mondo, simbolo di classe e ricercatezza, che fa della cura per i dettagli la sua cifra stilistica.

  • Comprare on line o in negozio non fa differenza, l’importante è dare la propria preferenza a chi ha fatto della sostenibilità la propria mission.

Hai mai pensato di recarti presso i negozi vintage della tua città? Il concept alla base è quello di promuovere un modello basato sul riutilizzo dei capi d’abbigliamento tutelando l’ambiente e, molto spesso, sostenendo progetti di sviluppo.

Se non sai resistere al fascino dello stile retrò, o semplicemente ti piace giocare con il mix&match, troverai tanti capi unici e di qualità.

E al termine di uno shopping sano e gratificante, ci ritroveremo in una sala da tè o in una bio factory per un aperitivo vegan in classico stile etico!

 

Un particolare ringraziamento a Chiara Trebini per la collaborazione alla stesura di questo articolo.

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