Tessile e crisi ambientale: verso una filiera responsabile
di rén collective
Art. 48/2024 – Responsabile editoriale: Lorenza Vacchetto
Di Livia Caliopi Biro
La produzione tessile è una delle industrie più impattanti al mondo, capace di influenzare drasticamente lo sfruttamento delle risorse, le emissioni di gas serra e l’inquinamento globale. Nonostante i progressi tecnologici e una crescente consapevolezza della necessità di modelli sostenibili, il settore rimane legato a pratiche lineari, basate su un uso illimitato di risorse e sulla generazione di rifiuti.
Nel contesto dell’economia globale, la produzione di fibre tessili è cresciuta a un ritmo allarmante: dai 58 milioni di tonnellate prodotte nel 2000 ai 109 milioni di tonnellate nel 2020, con una proiezione di 145 milioni di tonnellate entro il 2030. Questo aumento risponde a una domanda apparentemente insaziabile, alimentata da fenomeni come il fast fashion, che sta portando inevitabilmente il pianeta verso il collasso ecologico.
La minaccia per l’ambiente
Produrre materiali tessili richiede enormi quantità di acqua, terreno e materie prime. Un esempio emblematico è la produzione di cotone: per una sola t-shirt sono necessari circa 2.700 litri di acqua, un quantitativo sufficiente a dissetare una persona per due anni e mezzo. A livello europeo, la domanda di tessili nel 2020 ha comportato:
- 9 metri cubi di acqua per persona, rendendo il tessile il terzo settore per consumo idrico.
- 400 metri quadrati di terreno pro capite per la coltivazione delle fibre naturali.
- 391 chilogrammi di materie prime per ogni cittadino dell’UE.
Questi dati evidenziano un sistema il cui fallimento non può più essere ignorato. L’impatto della produzione tessile non si limita all’estrazione delle risorse, ma si estende alle fasi successive, aggravando ulteriormente il suo impatto negativo.
La crescita esponenziale della produzione tessile
Soprattutto a causa del boom del fast fashion, l’industria tessile sta vivendo una crescita vertiginosa della produzione. L’aumento delle fibre tessili è un fenomeno preoccupante, con la previsione che la produzione salga a 145 milioni di tonnellate entro il 2030. Questo significa più risorse sfruttate, più emissioni prodotte e, inevitabilmente, la generazione di maggiori rifiuti.
Le previsioni indicano un futuro più insostenibile, con un aumento della domanda che non sembra arrestarsi, avvicinandosi a un punto di non ritorno.
Inquinamento idrico e microplastiche: un ciclo distruttivo
La tintura e il finissaggio dei tessuti sono responsabili del 20% dell’inquinamento delle acque a livello globale, mentre il lavaggio dei capi sintetici rilascia nell’ambiente fino a 700.000 di microplastiche per un singolo carico di lavatrice. Queste particelle non solo si accumulano negli oceani, ma entrano anche nella catena alimentare, con conseguenze potenzialmente devastanti per la salute umana e animale.
Uno studio recente ha rivelato che oltre la metà delle microplastiche rilasciate dai tessuti si disperde durante i primi lavaggi. Ciò significa che il modello del fast fashion, basato su capi economici e di breve durata, è intrinsecamente legato a un inquinamento irrimediabile.
Emissioni di gas serra: la moda che contribuisce al riscaldamento globale
Il settore tessile è uno dei maggiori responsabili del riscaldamento globale. Nel 2020, solo nell’Unione Europea, ha prodotto 121 milioni di tonnellate di CO2, pari a 270 kg di emissioni per ogni cittadino. Questi dati collocano l’industria tessile tra le principali fonti di impatto climatico nell’economia europea.
Un problema di rifiuti e mancanza di riciclo
Ogni anno, nell’UE, vengono scartati circa 11 chilogrammi di tessili per persona, di cui l’87% finisce in discarica o viene incenerito. Solo una minima parte viene riutilizzata o riciclata: meno dell’1% dei materiali tessili per l’abbigliamento usati viene trasformato in nuovi capi, anche a causa di tecnologie di riciclo ancora acerbe.
L’abbondanza di abiti prodotti, sufficiente a vestire le prossime sei generazioni, e il ritmo incessante della produzione non sono solo insostenibili, ma anche paradossali. La sfida è duplice: da un lato ridurre i rifiuti, dall’altro potenziare le infrastrutture di riciclo e riutilizzo.
Strategie per una produzione tessile circolare
La soluzione alla crisi tessile non può limitarsi all’efficienza tecnologica, ma deve passare attraverso una trasformazione sistemica dell’intera filiera. La strategia europea per un’economia circolare include misure ambiziose, come:
- Ecodesign: prodotti progettati per durare più a lungo e per essere facilmente riparabili e riciclabili.
- Digital Product Passport: un sistema per tracciare l’intero ciclo di vita dei prodotti.
- Responsabilità estesa del produttore: i produttori sono responsabili per la gestione dei rifiuti, dalla raccolta al riciclo.
Dal 2025, gli Stati membri dell’UE saranno obbligati a raccogliere separatamente i rifiuti tessili. Tuttavia, senza un’infrastruttura adeguata per la raccolta, lo smistamento e la gestione del riutilizzo, questa misura rischia di essere insufficiente e di far emergere ulteriori problemi.
Il ruolo delle città nella transizione
Le singole città, grazie alla loro capacità di influenzare i comportamenti dei cittadini, stanno assumendo un ruolo centrale nella transizione verso un sistema tessile più sostenibile. Iniziative innovative dimostrano come sia possibile agire su diversi fronti, alcuni esempi virtuosi sono:
- Incentivi alla riparazione: in Austria, programmi di sussidio coprono i costi di riparazione, promuovendo la longevità dei capi.
- Modelli di condivisione: a Copenaghen, una “biblioteca degli abiti” permette ai cittadini di noleggiare capi, riducendo la necessità di nuovi acquisti.
- Eventi educativi: città come Ghent e Ginevra organizzano festival della moda sostenibile, sensibilizzando il pubblico sui temi ambientali e sociali legati al tessile.
Un passo avanti per la trasparenza: la mappa globale dei rifiuti tessili di Fashion for Good
Un’importante innovazione per affrontare la gestione dei rifiuti tessili arriva da Fashion for Good che ha lanciato World of Waste, uno strumento online gratuito che aggrega e mappa i dati relativi ai rifiuti tessili su scala globale. Questo database, sviluppato in collaborazione con Reverse Resources, Global Fashion Agenda e Circle Economy, offre una panoramica dettagliata su volumi, composizioni e tipologie di rifiuti. Attualmente copre Paesi come Bangladesh, Germania, India e Stati Uniti, ma l’obiettivo è estendere la raccolta dati per includere sempre più regioni. Lo strumento non solo favorisce riciclatori e innovatori nell’identificare flussi di rifiuti utili, ma rappresenta anche una risorsa per governi e aziende che vogliono sviluppare politiche e strategie circolari. Con questo progetto, Fashion for Good si propone di accelerare la transizione verso un sistema moda più sostenibile e trasparente, trasformando i rifiuti in risorse preziose e riducendo l’impatto ambientale del settore.
Il recupero dell’overstock di tessuti
Il concetto di overstock rappresenta una delle soluzioni emergenti per contrastare l’eccessiva generazione di deadstock e di rifiuti. Si riferisce a materiali che non sono stati utilizzati e rischiano di finire come rifiuti – conseguenza della regola dei minimi di produzione che porta i brand, da quelli fast fashion al lusso, a ritrovarsi con tessuti in eccesso. Questo approccio al design è già di per sé fallace, poiché la dipendenza dalle tendenze stagionali passeggere porta a utilizzare colori e texture sempre differenti. Invece di essere smaltiti, questi materiali possono essere recuperati, riutilizzati o rivenduti, ritrovando così nuova vita.
In Italia alcune realtà sono già attive nell’impegno per recuperare e rivendere tessuti overstock, contribuendo così a ridurre la pressione sulla produzione di nuovi materiali e sullo smaltimento dei rifiuti. Aziende che operano in questa nicchia sono in grado di dare nuova vita a tessuti che altrimenti sarebbero destinati a diventare parte della montagna di rifiuti tessili. Non solo creano collezioni di valore con un approccio responsabile, ma i design risultano essere unici e di uno stile senza tempo che non è limitato dalle tendenze passeggere.
Risorse essenziali per brand, creativi e designer del futuro
Fabric House combina tradizione ed economia circolare, offrendo tessuti di alta qualità, incluse rimanenze e sovrapproduzioni, grazie al Circular Fabric Standard. Con piccoli minimi d’ordine e un focus su sostenibilità e tracciabilità, supporta giovani stilisti e brand emergenti, salvando ogni anno 500.000 metri di stoffa.
Zerow recupera tessuti e pellami di alta qualità dalle giacenze di grandi aziende e manifatture italiane. Attraverso Zerolab, il suo showroom-laboratorio a Scandicci, l’azienda offre uno spazio per sperimentare, creare e imparare, unendo innovazione e sostenibilità.
Recovo è una piattaforma tessile B2B che trasforma gli scarti tessili in risorse, offrendo soluzioni circolari per ridurre i rifiuti e l’inquinamento. Con l’obiettivo di prolungare la vita dei materiali e preservare le risorse naturali, Recovo promuove un modello di moda circolare basato su tecnologia e innovazione.
EVA re-source offre materiali deadstock provenienti da prestigiose Maison italiane e francesi, a brand, designer e istituti di moda. Con un focus sulla qualità e sulla produzione responsabile, promuove l’upcycling per ridurre gli sprechi nel settore moda. Rende accessibili tessuti di lusso per supportare la creazione consapevole, incoraggiando a trovare ispirazione partendo dai materiali.
Il Tessutaio è una realtà pugliese B2B dedicato al recupero di tessuti, che supporta il design responsabile e una moda lenta e di valore.
Frankinelli Milano si pone come un punto di riferimento per tessuti italiani di alta qualità, che uniscono design moderno e artigianalità tradizionale. L’azienda offre materiali selezionati con cura, promuovendo creatività, etica e rispetto per l’ambiente e le risorse locali.
Readymade valorizza materiali esistenti con una nuova visione, sostenendo l’ambiente, l’artigianato e la creatività. Materiali pregiati selezionati in collaborazione con i migliori produttori italiani, per offrire qualità, innovazione e supporto ai designer indipendenti.
DAMō supporta un sistema circolare e responsabile, offrendo materiali e soluzioni che rispettano il pianeta e valorizzano la creatività. Unisce competenze e passioni, creando sinergie tra talenti, fornitori e idee, per rendere possibile una moda autentica, etica e rispettosa delle risorse.
La necessità di cambiamento
Non si possono più ignorare i limiti di ciò che può offrire il pianeta. La moda ha il potere di diventare un motore di cambiamento positivo, ma solo attraverso azioni concrete e collettive possiamo costruire un sistema che non solo limiti i danni, ma contribuisca attivamente alla rigenerazione delle risorse. Ridurre l’impatto ambientale richiede un approccio olistico, che includa innovazioni tecnologiche efficaci, politiche rivoluzionarie e il coinvolgimento delle comunità locali. Solo affrontando il problema alla radice sarà possibile trasformare il settore in un modello di sostenibilità, garantendo un futuro equo e rispettoso delle risorse naturali.
Immagini: Pexels, Unsplash
Fonti e risorse
A Zero Waste Vision for Fashion – Chapter 1: All We Need Is Less
The European Parliament – The impact of textile production and waste on the environment
Global Fashion Agenda – The Pulse of the Fashion Industry
Ellen MacArthur Foundation – A New Textiles Economy: Redesigning fashion’s future
Textile Exchange – Materials Benchmark Insights and Trends 2024
Fashion for Good – World Of Waste
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