Merceologia tessile per principianti #1: come nasce un tessuto
di rén collective
Di Manuela De Sanctis
Art. 26/2020 – Responsabile editoriale: Lorenza Vacchetto
Se pensiamo alla vita di tutti i giorni ci possiamo rendere conto facilmente di quanto i tessuti ne facciano parte in larga scala. Questo avviene sotto forma di abiti, lenzuola per il nostro letto, tende per arredare le nostre case fino ad arrivare ai rivestimenti per i sedili delle nostre auto. Quando acquistiamo un prodotto tessile spesso non facciamo attenzione alle fibre di cui esso è composto. Questa informazione, invece, è fondamentale da più punti di vista. Non è sempre facile scegliere quale tessuto sia più adatto alle nostre esigenze, ma grazie a questa breve panoramica impareremo a riconoscere i tipi di fibre, la loro tessitura e i vari tipi di tessuti che indossiamo abitualmente.
Di tessuti ne esistono di tantissime tipologie. Possono essere realizzati su telaio oppure su di una macchina da maglieria; possono contenere varie fibre e, a seconda dello spessore del filato, dar forma a stoffe più o meno leggere oppure lavorate con disegni specifici.
Ma che cos’è un tessuto?
Tecnicamente possiamo definirlo come un manufatto creato su di un telaio dove vengono intrecciati due o più filati. Questi filati prendono il nome di ‘trama’, se posizionati in orizzontale, e ‘ordito’, se disposti verticalmente. I fili di trama, attraverso l’uso di una spoletta, vengono fatti passare tra i fili di ordito e, a seconda dello schema seguito, è così che nascono le diverse tipologie di tessuti.
(Leggi anche: La lotta dei piccoli brand sostenibili )
Gli intrecci dai quali prendono forma tutte le varianti sono definiti ‘armature’. Le più comuni sono tre:
Tela
Si ha quando ogni filo di ordito si intreccia con uno di trama formando un’alternanza perfetta come fosse il piano di una scacchiera. È l’intreccio più piccolo e semplice che esista.
Saia o diagonale
È il caso in cui il filo di trama passa una volta sopra ad uno di ordito, poi sopra a due, spostandosi verso destra o sinistra e formando così un’intersezione diagonale. I jeans ne sono un esempio classico.
Raso
Questa volta l’intreccio tra trama e ordito è molto più ampio e i punti di legatura sono sottili. Si crea in questo modo un dritto e rovescio del tessuto, dove il lato del dritto rimane lucido perché la luce si riflette senza interruzioni e le legature non sono visibili.
Utilizzando queste tre armature si possono realizzare moltissime tipologie di tessuti e, a seconda delle fibre utilizzate, ottenere di conseguenza ulteriori varianti. Fra i tessuti più comuni e facili da riconoscere nella vita quotidiana ci sono sicuramente le tele, le garze, le organze, i tartan, le gabardine, i damascati, i velluti, i piquet, i nido d’ape e le spugne. Ognuno di questi può avere impieghi diversi, altri invece ne hanno uno più specifico, come il tessuto di spugna, con cui vengono realizzati principalmente accappatoi e asciugamani oppure le organze, che solitamente sono in seta.
Una piccola parentesi va dedicata ai tessuti realizzati a macchina da maglieria che si differenziano da quelli fatti a telaio perché sono realizzati con un intreccio a filo continuo; il più comune, il jersey, è riconoscibile al rovescio grazie alle piccole ondine della maglia.
Per ottenere un tessuto abbiamo quindi bisogno dei filati, i quali possono essere composti da fibre di varia origine: naturale, animale, artificiale, sintetica o da un mix di esse. Quindi potremmo avere delle tele di cotone o di lino, dei rasi di seta oppure di poliammide, organze di viscosa o di seta, gabardine di lana o di cotone, ecc… .
Le principali fibre possono essere sintetizzate in questo breve schema, utile per accompagnarci durante i nostri acquisti e saperci districare tra le etichette di composizione.
Fibre naturali vegetali
Derivano da piante come cotone, lino, iuta, canapa od ortica.
Fibre naturali animali
Appartengono a questa categoria fibre come la seta, derivata dal bozzolo del baco da seta, e la lana proveniente dal vello di pecore, lama o alpaca.
Fibre artificiali
Derivano dall’ estrazione e dalla trasformazione della cellulosa delle piante, solitamente ricavata da legno di pini, oppure dalle parti legnose del lino o del cotone. A seconda del tipo di lavorazione si otterranno: acetato, cupro o viscosa.
Fibre sintetiche
Derivano dalla sintesi dei polimeri ottenute da composti organici come il petrolio. Sono parenti strette delle plastiche. Le più comuni sono: acrilico, poliestere, polietilene, poliammide (nylon), poliuretano (elastam), politetrafluorietilene (Gore-tex).
Alla luce di questo, è importante prendere consapevolezza del potere che abbiamo come consumatori, a partire dalle materie prime che diventeranno i nostri abiti. Ti sei mai chiesto quale impatto ambientale possano avere queste fibre? Scoprilo qui.
Vorresti saperne di più? Trovi utile questo percorso alla scoperta dei tessuti e vorresti che approfondissimo l’argomento? Lasciaci un commento!
Immagini: Designecologist, Karolina Grabowska, Manuela De Sanctis, Kerri Shaver, Kylie P
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