Il futuro del Made in Italy: fondi, riforme e sfide per le imprese della moda
di rén collective

Art. 49/2025 – Responsabile editoriale: Lorenza Vacchetto
Di Amanda Massucco
La crisi del Made in Italy
Grazie alla consolidata tradizione di artigianato e innovazione, la moda è un settore fondamentale per l’economia italiana, rappresentando da sola il 5% del PIL e trainando l’export del Paese. La filiera conta oltre 40.000 aziende, di cui l’83,3% sono piccole e medie imprese, che garantiscono lavoro a circa 307 mila persone.
Il 2024, però, si è rivelato un anno particolarmente difficile per il comparto moda. Il primo indicatore è che il Made in Italy è tornato sotto i 100 miliardi di fatturato, segnando una brusca inversione di tendenza rispetto al 2023. Secondo i Fashion Economic Trends di Camera della Moda, quest’anno il settore chiuderà l’anno con circa 96 miliardi di euro, registrando un calo del 5,3% e perdite stimate intorno a 1,8 miliardi, nonostante esportazioni superiori ai 38,5 miliardi..
Nei primi sei mesi del 2024 le aziende italiane del Made in Italy hanno visto i ricavi dalle vendite all’estero ridursi di circa 9,7 milioni al giorno. Già in estate, Confartigianato aveva lanciato l’allarme: tutti gli indicatori di settore erano in peggioramento.
Tra i mercati più colpiti spiccano Regno Unito (-54,9%), Svizzera (-9%) e Germania (-7,1%). A livello territoriale, le perdite più significative si sono registrate in Toscana (-13%, pari a 936 milioni di euro), Lombardia (-8,8%, 826 milioni) e Veneto (-7,6%, 455 milioni). Anche le Marche hanno subito una flessione del 5,7%, con perdite per circa 77 milioni di euro.
Gli ultimi dati ISTAT confermano un quadro critico: tra dicembre 2023 e dicembre 2024 il settore ha registrato un crollo del 18,3%, con una contrazione complessiva dell’11,3% nel corso dell’anno, aggravata da 23 mesi consecutivi di calo della produzione industriale. Secondo Infocamere, la crisi ha portato alla chiusura di oltre 2.000 aziende di abbigliamento, tessili e pelletteria nei primi tre quadrimestri del 2024, segnando il peggior risultato tra tutti i settori produttivi del Paese.
Oltre all’impatto su produzione e occupazione, questa crisi minaccia la dispersione di competenze artigianali essenziali, colpendo in modo particolare le micro imprese e le PMI, che faticano a reggere l’urto di una congiuntura economica sempre più instabile.
Le cause di questa crisi sono molteplici: tra i principali fattori figurano le tensioni geopolitiche e i conflitti internazionali, che hanno generato un clima di instabilità e un conseguente aumento dei costi di materiali ed energia.
A pesare è anche la contrazione del mercato globale del lusso, che nel 2024 ha perso circa 50 milioni di acquirenti. Un calo legato sia al cambiamento nelle abitudini di spesa dei clienti cinesi – che dopo il Covid hanno iniziato a investire in altri settori – sia a un aumento vertiginoso dei prezzi senza un corrispondente miglioramento in qualità e innovazione, allontanando così molti clienti aspirazionali.
Questo rallentamento della domanda ha avuto un impatto diretto sulla filiera italiana, che produce circa due terzi della manifattura di alta gamma.
La crisi del settore del lusso era già intuibile dal giro di poltrone di direttori creativi che ha completamente sparigliato le carte ai vertici dei marchi più noti alla fine del 2024.
Infine, sta cambiando anche la percezione globale del valore della moda. I consumAttori sono sempre più attenti a durabilità, riciclabilità e riduzione degli sprechi, preferendo prodotti tessili sostenibili e circolari, con standard elevati di sostenibilità lungo tutta la filiera.
Le misure del governo
Secondo associazioni di categoria, imprese e sindacati, per evitare un tracollo del settore moda sarebbero necessari interventi urgenti, tra cui:
- la sospensione dei versamenti tributari per le imprese in crisi,
- una moratoria sui prestiti garantiti,
- l’estensione della CIG in deroga a tutte le tipologie di imprese della moda o una revisione dei criteri per l’assegnazione delle ore disponibili.
Cosa sta facendo il governo attualmente per cercare di sanare la crisi che ha travolto il Made in Italy?
Una delle prime misure è stata l’istituzione del Tavolo della Moda. Tra il 23 gennaio 2023 e il 24 gennaio 2025 si sono svolte 12 riunioni tecniche per analizzare le criticità della filiera e valutare soluzioni concrete. L’ultimo incontro ha coinvolto anche la Cassa Depositi e Prestiti, con l’obiettivo di definire strumenti finanziari specifici per rafforzare le PMI del settore. Una misura dedicata è attualmente in fase di elaborazione e sarà presentata nelle prossime settimane.
2025: 250 milioni per le imprese della moda
Per contrastare la crisi che ha colpito il settore, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) ha annunciato un pacchetto di 250 milioni di euro, deliberato in seguito al Tavolo Permanente per la Moda del 24 gennaio 2025, presieduto dal Ministro Adolfo Urso. I fondi sono così ripartiti:
- 15 milioni per accompagnare la transizione ecologica e digitale. Il bando, aperto l’11 dicembre 2024, è stato chiuso il 31 gennaio e 290 imprese hanno chiesto le agevolazioni. Purtroppo però i requisiti d’accesso sono risultati proibitivi per le micro, piccole e medie imprese che in molti casi non hanno potuto usufruire di questi contributi.
- 100 milioni destinati a contratti di sviluppo superiori a 20 milioni di euro, riservati a grandi aziende strutturate (come confermato dal Ministro Urso durante l’audizione alla Camera del 12 febbraio);
- 100 milioni per mini contratti di sviluppo, con investimenti compresi tra 3 e 20 milioni di euro.
Le modalità e le tempistiche di erogazione sono ancora in fase di definizione per entrambi.
30,5 milioni per incentivare la sostenibilità nel settore moda, con focus su:
- Crescita e innovazione: investimenti finalizzati all’aumento della capacità produttiva, nel rispetto dei criteri di sostenibilità ambientale e riduzione degli sprechi e certificati da soggetti qualificati;
- Sostenibilità ambientale: incentivi per l’acquisto di macchinari e certificazioni ambientali, l’uso di fibre tessili naturali e materiali riciclati.
Di questi, 15 milioni sono già stati destinati alla filiera delle fibre tessili naturali e della concia della pelle, con l’obiettivo di rafforzare l’approvvigionamento di materie prime e incentivare la ricerca e l’innovazione. 10 milioni verranno erogati come contributi a fondo perduto, mentre 5 milioni saranno concessi sotto forma di finanziamenti agevolati per il triennio 2025-2027.
Le agevolazioni prevedono:
- Per investimenti fino a 100.000 euro → contributo a fondo perduto del 60% delle spese.
- Per investimenti tra 100.000 e 200.000 euro → contributo a fondo perduto del 60% fino a 100.000 euro, con un finanziamento agevolato dell’80% sulla quota restante.
Le spese dovranno riguardare:
- l’acquisto e l’installazione di macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica;
- la formazione del personale dedicata all’uso dei nuovi macchinari;
- l’acquisto di brevetti, licenze d’uso, certificazioni di sostenibilità di prodotto o di processo, nuove licenze software per la tracciabilità della filiera;
- l’attività di ricerca industriale o sviluppo sperimentale.
Secondo Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda, «duecentocinquanta milioni sono uno stanziamento utile, anche se non risolutivo». La vera sfida ora sarà capire quando e come questi fondi saranno effettivamente accessibili alle imprese, un aspetto su cui il governo non ha ancora fornito dettagli concreti.
Nonostante il ministro Urso abbia dichiarato in diverse occasioni, che queste misure sono state pensate per aiutare le imprese di piccole e medie dimensioni, i bandi che abbiamo potuto visionare non agevolano in alcun modo questo tipo di aziende. Sono poche le imprese che hanno le risorse per investire nei progetti finanziabili dai bandi. Quello che viene presentato come un incentivo per innescare e supportare l’innovazione delle micro e piccole imprese è semplicemente una manovra, molto simile ad altre già viste, che andrà a favorire quelle imprese più grandi e strutturate che hanno già chiaro un percorso di transizione da intraprendere e disponibilità di capitali da investire per portarlo avanti. E forse è anche una mossa strategica per cercare di dare credibilità a un governo che è stato molto lento nel rispondere alla grande crisi del sistema moda.
Credito d’imposta per Ricerca e Sviluppo 2015-2019: nuove misure per risolvere il contenzioso
Con la Legge di Bilancio sono stati messi in campo altri 180 milioni per provare a risolvere un problema annoso che tiene in stallo imprese e istituzioni da anni: il contenzioso sul credito d’Imposta Ricerca e Sviluppo relativo al periodo 2015-2019. La misura è stata ulteriormente migliorata da un emendamento al decreto Milleproroghe annunciato dal Ministro Urso e approvato il 13 febbraio. Le principali novità introdotte sono:
- Riapertura dei termini per aderire alla procedura di versamento spontaneo.
- Modifica dello strumento agevolativo: invece di un contributo diretto, viene previsto uno sconto sul credito da riversare, per alleggerire il peso economico sulle imprese coinvolte.
- Stanziamento complessivo di 250 milioni di euro per sostenere questa misura.
Tuttavia, restano diversi nodi irrisolti. Non è ancora chiaro se e come le somme indebitamente percepite dovranno essere restituite, alimentando incertezze tra le aziende. Inoltre, l’opposizione ha espresso scetticismo sulla reale efficacia della manovra: l’On. Squeri, in audizione, ha definito il provvedimento come un modo per prendere tempo senza risolvere realmente il problema.
Protocollo tra imprese e ABI: una soluzione efficace?
Il governo previo accordo con ABI (Associazione Bancaria Italiana), ha previsto una rinegoziazione dei prestiti emessi e garantiti da SACE e Mediocredito centrale. Inoltre è pronto un vademecum dedicato alle imprese in difficoltà per la sospensione, per un massimo di 12 mesi, dei pagamenti dei finanziamenti ricevuti da SIMEST. Resta però il dubbio se questa misura possa davvero rappresentare una soluzione concreta per arginare la crisi che sta colpendo il Made in Italy.
L’On. Bonafé, nell’audizione del 12 febbraio, ha espresso perplessità, sottolineando come «senza un appoggio legislativo le banche non possono che riclassificare le imprese in base al loro rating e quindi peggiorare la loro affidabilità nei confronti del sistema bancario» Il rischio è quello di un circolo vizioso, che invece di sostenere le PMI, finirebbe per aggravare ulteriormente la loro situazione finanziaria.
CIG straordinaria e CIG in deroga
L’On. Bonafé ha evidenziato la necessità di garantire la cassa integrazione in deroga per tutte le PMI anche nel 2025. Al momento, l’ultima misura approvata, che prevedeva 8 settimane di CIG in deroga per le imprese con meno di 15 dipendenti, è scaduta il 31 dicembre 2024.
Al Tavolo della Moda di gennaio, è emerso che nell’ultimo anno, nonostante il governo avesse a disposizione i fondi per sostenere la misura della CIG straordinaria, le aziende del settore hanno fatto un uso molto limitato di questa misura speciale. Secondo i dati di monitoraggio INPS, dei 110 milioni di euro stanziati per la moda tra 2024 e 2025 (73,6 milioni nel 2024 e 36,8 milioni nel 2025), sono stati effettivamente erogati solo 2,9 milioni. Il dato è stato riportato da Luca Sabatini, vice capo di gabinetto del Ministero del Lavoro, durante l’ultima riunione del Tavolo della Moda.
Ma perché la CIG straordinaria è stata così poco utilizzata?
Il motivo principale è che per le piccole imprese già in difficoltà è quasi impossibile anticipare i pagamenti. Il Ministro Urso ha dichiarato l’intenzione di avviare un confronto con il Ministero del Lavoro per rendere la misura più accessibile, coinvolgendo anche le Regioni.
È evidente, quindi, che per sostenere il settore moda e salvaguardare la spina dorsale del Made in Italy, ovvero micro e piccole imprese, non basta semplicemente prorogare la CIG in deroga. È necessario ripensarne i criteri di accesso e le modalità di erogazione, affinché diventi uno strumento realmente efficace per chi ne ha bisogno.
Legge Annuale per le PMI: tra nuove misure e contraddizioni
Il 14 gennaio 2025, il Consiglio dei Ministri ha approvato il primo disegno di Legge Annuale sulle PMI, un provvedimento che mira a rafforzare le piccole e medie imprese italiane, con particolare attenzione al settore moda.
Tra le principali misure previste:
- Mini contratti di sviluppo: ribadita la loro importanza per sostenere le imprese del comparto moda.
- Incentivi all’aggregazione: strumenti per favorire la collaborazione tra PMI, permettendo loro di aumentare investimenti, innovazione e competitività sui mercati internazionali.
- Introduzione delle “Centrali consortili”: nuovi enti giuridici che coordinano le micro, piccole e medie imprese già organizzate in consorzi di filiera, offrendo supporto strategico e operativo.
- Staffetta generazionale: un sistema pensato per le aziende fino a 50 dipendenti, che prevede un part-time incentivato per i lavoratori vicini alla pensione, accompagnato da agevolazioni per l’assunzione di giovani under 35, così da garantire un passaggio graduale di competenze e know-how.
Nonostante l’urgenza del momento, il DDL non è ancora arrivato in Parlamento e resta in attesa di discussione. Inoltre, in apparente contraddizione con le intenzioni del governo di sostenere le PMI, la Legge Finanziaria 2025 ha ridotto di quasi 5 miliardi di euro gli stanziamenti a loro destinati. Sono stati decurtati i finanziamenti per: il Fondo di Garanzia, il programma di incentivi alle imprese per interventi di sostegno, e il programma di incentivazione del sistema produttivo, destinati proprio alle piccole e medie imprese. Un altro segnale ambiguo da parte del Governo: da un lato si propongono misure specifiche per le PMI, dall’altro si riducono le risorse già disponibili. Resta da capire se e come queste misure verranno concretamente attuate nei prossimi mesi.
Uno sguardo al futuro: il Made in Italy tra incertezze e sfide globali
Come annunciato dal Ministro Urso durante l’udienza del 12 febbraio, nei prossimi mesi verrà presentato un Libro Bianco “Made in Italy 2030”. “È la politica industriale che intendiamo realizzare nei prossimi 5 anni con una visione ultra decennale in Italia e in Europa”, ha dichiarato il Ministro delle Imprese e del Made in Italy davanti alla Commissione attività produttive della Camera dopo le sollecitazioni dell’opposizione riguardo al futuro industriale del nostro paese. Il libro verrà presumibilmente completato e consegnato dopo marzo perché il governo sta aspettando le riforme europee e il Clean Industrial Deal.
L’opinione dell’On. Emma Pavanelli
Abbiamo consultato l’onorevole Emma Pavanelli, di cui apprezziamo l’impegno nel promuovere pratiche sostenibili nel settore fashion, per avere informazioni più chiare riguardo alle tempistiche di attuazione di queste misure e un parere esperto per guidare le micro e piccole imprese in preparazione dell’emanazione dei decreti attuativi.
Per quanto riguarda le micro e piccole imprese e la loro preparazione in vista dell’emanazione dei decreti attuativi l’On Pavanelli suggerisce di:
- Avvantaggiarsi facendo una verifica preventiva della propria posizione finanziaria e preparare tutta la documentazione – bilanci aggiornati, DURC regolare e verifica di conformità rispetto alle normative del lavoro e fiscali – necessaria ad accedere più facilmente a incentivi e fondi messi a disposizione
- Cominciare a predisporre un piano per l’internazionalizzazione, l’innovazione e la digitalizzazione – con progetti come e-commerce, IA e gestione dati – considerato che questi sono i settori più spesso favoriti dalle politiche industriali.
Inoltre dal nostro confronto è emerso che:
- Al momento non sono noti i tempi del protocollo tra imprese ed ABI, che tuttavia dovrebbe arrivare nel corso del 2025.
- Non è ancora stato depositato il testo della legge annuale per le PMI, pertanto bisognerà attendere i tempi ordinari dell’iter parlamentare bicamerale.
- Il Libro Bianco del Made in Italy plausibilmente – così auspica l’On. Pavanelli – verrà presentato entro la fine del primo semestre del 2025, questo per riuscire ad allineare le politiche industriali con quelli che sono gli obiettivi strategici nazionali ed europei.
“In definitiva, al netto degli annunci del Ministro,” ha concluso l’Onorevole “dipenderà da quanto la tematica risulterà prioritaria e urgente per l’esecutivo”.
La domanda sorge spontanea: queste misure arriveranno troppo tardi per il settore moda e il Made in Italy? E, soprattutto, sono in grado di far fronte alla crisi che sta mettendo in ginocchio il Made in Italy e la filiera della moda italiana?
Sebbene il governo abbia lanciato diverse iniziative, restano ancora molte incognite e criticità:
- Quando e come verranno erogati i fondi annunciati? Al momento, le PMI faticano a reperire informazioni e a partecipare ai bandi.
- Dov’è il supporto per l’ecosostenibilità nel tessile? Le imprese virtuose nel riciclo vengono premiate? Qual è il piano per implementare i passaporti digitali?
- Quanto è pronta l’Italia alle nuove normative UE? Il Regolamento Ecodesign, la Supply Chain Act, la CSRD, il Green Claims, e la Deforestazione Zero entreranno in vigore nei prossimi anni, ma il Ministro Urso non ha ancora toccato questi temi.
- Cosa succederà con i dazi USA? Se con un eventuale presidenza Trump venissero introdotti nuovi dazi sui beni di lusso, l’export italiano subirebbe un duro colpo. Quali misure di protezione sta valutando il governo?
Le micro, piccole e medie imprese sono le fondamenta di tutto il comparto moda Italiano: se non vengono sostenute adeguatamente, non ci sarà futuro per la moda italiana. Il focus del governo non dovrebbe essere solo sulla ripresa immediata, ma sulla creazione di condizioni strutturali che garantiscano stabilità e crescita per quel tessuto di PMI che rendono il Made in Italy possibile.
La vera domanda da porsi in questo momento è: di cosa hanno bisogno le micro imprese e le PMI per sopravvivere e innovare? E quali sono le loro più grandi difficoltà? Solo garantendo stabilità e sostegno a queste imprese la moda italiana potrà superare questo momento buio.
Ne parleremo nel prossimo articolo di approfondimento insieme a due imprese, parte di rén collective, che hanno fatto della moda responsabile e dell’innovazione il focus della loro produzione: Dienpi, specializzata nella realizzazione di accessori, etichette e stampa per il settore moda, e Gaia Segattini Knotwear, marchio di maglieria sostenibile marchigiano.
Immagini: Pexels, Google Immagini
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