Cosa serve alle piccole imprese italiane della moda per uscire dalla crisi?
di rén collective

Art. 50/2025 – Responsabile editoriale: Lorenza Vacchetto
Di Marina Zussino
Dopo l’analisi di Amanda Massucco sul futuro del Made in Italy tra fondi, riforme e sfide per le imprese della moda, questo nuovo approfondimento di Marina Zussino prosegue l’indagine, concentrandosi sulle micro e piccole imprese, le più colpite dalla crisi e al centro delle nuove misure di sostegno del MIMIT.
Nel settore moda, in Italia, il 2025 è iniziato con un calo di 2.868 aziende attive nella produzione tessile, nella confezione, nello sviluppo di accessori e di articoli in pelle. Secondo gli ultimi dati di Infocamere ¹, infatti, alla fine del 2023 le imprese che lavoravano in questi comparti erano 71.003, contro le 68.135 registrate al 31 dicembre 2024. Una contrazione significativa che non si arresta dal 2021 e che, anche a seguito della crisi post-Covid, sta diventando anno dopo anno più incisiva.
Ad essere penalizzate sono soprattutto le micro e piccole aziende, quelle realtà imprenditoriali che hanno meno capacità di resilienza nel lungo periodo, minori opportunità di investimento e margini di rischio più limitati. A confermarlo è un trend in costante discesa che sta riguardando in particolar modo le ditte di piccole dimensioni, fino a 5 dipendenti, che nel 2024 hanno subito una diminuzione di 1.990 attività rispetto al 2023 e di ben 6.658 unità dal 2021 ad oggi. A seguire, le micro imprese da 6 a 9 addetti, con 843 aziende attive in meno nel 2024 e le PMI fino a 19 addetti, con una riduzione di 629 unità nello stesso periodo.
Si tratta di una rosa variegata di imprese, talvolta piccolissime, ma in grado di fornire lavorazioni ad alta specializzazione e prodotti artigianali d’eccellenza, con una forte propensione all’innovazione e alla sostenibilità, che sono il cuore battente della filiera della moda Made in Italy. E i numeri non mentono: stando alle analisi di Infocamere, circa l’83% delle aziende nei settori della manifattura tessile e dell’abbigliamento sono microimprese con meno di 10 dipendenti, a fronte del 15% di PMI, con un team da 10 a 49 persone, e del 2% di grandi aziende, con organici da 50 addetti e più.
Fondi del MIMIT per il Made in Italy: opportunità o miraggio?
La chiusura delle aziende del tessile e dell’abbigliamento, a cui stiamo assistendo in Italia negli ultimi 2 anni, procede di pari passo con la diminuzione della produttività dell’intero settore. Secondo il Bilancio 2024 pubblicato da Confartigianato (2), nell’anno passato la moda italiana ha subito un calo di produzione del 10,5%, con una contrazione più marcata per la pelle (-17%) e per le calzature (18,5%), flessioni del 6,9% nel tessile e del 7,5% per l’abbigliamento.
Una situazione difficile su più fronti e per molteplici motivi, già da tempo portata all’attenzione del Governo da imprese e associazioni di categoria, a cui stanno seguendo diverse azioni di sostegno: tra le più recenti, un bando da 15 milioni di euro per la concessione di contributi a fondo perduto che il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) ha messo a disposizione di micro e PMI interessate ad intraprendere percorsi di “transizione green e digitale”, che si è chiuso lo scorso 31 gennaio. Una misura che si inserisce nel pacchetto di aiuti da 250 milioni di euro volto a supportare progetti e investimenti delle imprese manifatturiere tessili e della moda annunciato dal MIMIT a inizio febbraio (3), come abbiamo raccontato nel precedente articolo di approfondimento. Tra le iniziative previste, un fondo di 30,5 milioni di euro per promuovere la sostenibilità nel settore, di cui sono in arrivo i primi 15 milioni di euro mirati alla valorizzazione e al potenziamento della filiera delle fibre tessili naturali e della concia della pelle. Questi fondi andranno a sostenere le micro, piccole e medie imprese con incentivi per favorire la crescita e l’innovazione in ottica circolare e responsabile.
Al momento, siamo in attesa del Decreto attuativo che aprirà i termini per la presentazione delle domande, definirà le modalità di adesione e la tipologia di finanziamenti a disposizione, sperando che quanto stabilito dal Ministero possa rispondere alle reali necessità di questo target di aziende. Per fare un po’ di chiarezza, abbiamo cercato di capire quali sono le difficoltà che le imprese incontrano per accedere a queste opportunità finanziarie e in che modo i nuovi stanziamenti ministeriali potrebbero – e dovrebbero – permettere al comparto di risollevarsi.
A raccontarci il proprio punto di vista, partendo da anni di esperienza sul campo, sono due imprese, parte di rèn collective, che hanno fatto della moda responsabile e dell’innovazione il focus della loro produzione: Dienpi, produttore di accessori, etichette e stampa per il settore moda, e Gaia Segattini Knotwear, marchio di maglieria sostenibile marchigiano.
Le MPMI italiane, un patrimonio da preservare
“Le richieste avanzate in quest’ultimo periodo dall’industria e dalle associazioni di categoria durante i Tavoli della Moda hanno riguardato soprattutto la necessità di approvare soluzioni urgenti, come la cassa integrazione in deroga per le aziende più piccole, l’accesso al credito e la moratoria sui mutui pregressi – racconta Doriana Marini, Amministratore delegato di Dienpi e Presidente di CNA Federmoda Marche -. Il settore della moda vive una situazione di fermo che dura da quasi 2 anni. Le nuove misure annunciate dal Ministero le scorse settimane saranno utili per dare slancio al settore nel medio e lungo periodo, anche se non permettono di far fronte ad una condizione di crisi. D’altro canto, non bisogna smettere di andare avanti e di pensare al futuro, cercando di aiutare le aziende che, nonostante tutto, vogliono investire e innovare”.
Come sottolinea il rapporto “Facts and Key Figures 2024” di Euratex (4) – citato dallo studio Circular Fashion Management curato dalla docente dell’Università Bocconi di Milano, Francesca Romana Rinaldi (5) – tra tutti i paesi dell’UE, l’Italia detiene un ruolo di primo piano nel settore della moda europea, in cui raggiunge la quota più alta di occupazione, del 24% sul totale, e il 36% per cento del fatturato, nonostante l’elevato numero di PMI. Lo studio evidenzia infatti come le piccole e medie imprese italiane siano il “fondamento dell’industria tessile e dell’abbigliamento europea”, poiché capaci “di guidare l’innovazione, di sostenere qualità e artigianalità e di contribuire in modo significativo alla sua economia attraverso l’export e pratiche sostenibili”.
La crisi che sta attraversando il nostro settore, con la chiusura di così tante aziende, non è perciò solo un problema economico, ma strutturale, che porta un intero settore industriale a perdere competenze specialistiche e a rinunciare all’innovazione in mancanza di mezzi di investimento adeguati, indebolendo tutta la filiera manifatturiera e la qualità della moda Made in Italy, con una conseguente perdita di competitività a livello globale.
Capitali per investire in ricerca, nuovi materiali e sostenibilità
“Per capire come le ultime misure ministeriali possano andare incontro alle imprese dobbiamo attendere il Decreto attuativo – precisa Doriana Marini -. Questa iniziativa potrà sicuramente favorire la ricerca e l’approvvigionamento di materie prime naturali certificate e, spero, anche la messa a punto di materiali sostenibili, derivati da scarti di post- produzione e post-consumo”,
Un intervento che, però, va messo a punto con attenzione, fornendo opportunità concrete lungo tutta la catena del valore: “Mi auguro che i bandi in arrivo possano finanziare attività di Ricerca & Sviluppo fondamentali per mettere a disposizione di tutta la filiera moda materiali già testati e industrializzati, ovvero pronti per essere utilizzati come materie prime per realizzare nuovi prodotti moda. Spesso, infatti, le piccole aziende non hanno mezzi per finanziare questa ricerca al loro interno e scelgono di seguire progetti ancora in fase di start-up, proponendo la sperimentazione di materiali che non sono ancora in grado di dare delle garanzie di idoneità e tenuta nel tempo. Lo scopo dei progetti che verranno finanziati dovrà essere inoltre quello di migliorare la capacità produttiva delle aziende, attraverso investimenti in infrastrutture moderne, processi che riducano gli sprechi, aumentino l’efficienza energetica e introducano certificazioni ambientali, per renderle più competitive”.
Questioni condivise anche da Gaia Segattini, fondatrice del brand Gaia Segattini Knotwear e Presidente di CNA Federmoda Ancona: “Le nuove misure del Governo dovrebbero incentivare l’acquisizione di certificazioni per la sostenibilità dei processi e dei prodotti affinché non pesino sul bilancio delle imprese, dato che in questo momento vengono scaricate sul costo finale degli articoli, rischiando di portarli fuori mercato. Mi auguro inoltre che i fondi a disposizione possano supportare le nostre attività favorendo una formazione adeguata della forza lavoro, indispensabile per allargare la capacità produttiva delle piccole imprese, magari prevedendo un percorso di accompagnamento in azienda, l’avvio di corsi professionali prima dell’inserimento e un tutoraggio successivo in loco”.
Un supporto ad hoc per semplificare l’accesso ai bandi
Il Decreto attuativo, che definirà quali saranno i servizi finanziabili, le tempistiche e le possibilità di accesso ai fondi del MIMIT, darà ufficialmente avvio all’iter di presentazione delle domande. Un percorso a volte molto articolato, soprattutto per delle micro e piccole imprese che si trovano a gestire, da sole e in poco tempo, questioni amministrative di non facile interpretazione o a dover anticipare autonomamente capitali per poter sviluppare i progetti che sono stati ammessi al bando.
“Per consentire anche a piccole realtà imprenditoriali di poter utilizzare misure d’aiuto serve una maggiore facilità di accesso al servizio di finanza agevolata, che sia economicamente più sostenibile per le aziende”, afferma Gaia Segattini.
“Spesso le piccole imprese non riescono a sostenere i costi per pagare del personale che segua le pratiche di accesso ai fondi pubblici. Le procedure di invio delle candidature sono solitamente complesse e al proprio interno non si hanno competenze dedicate, inoltre non tutti i consulenti sono formati sulle peculiarità specifiche della filiera moda – racconta Doriana Marini -. Sarebbe utile che l’ente si occuperà di gestire questa misura possa prevedere l’apertura di un canale di informazione, un numero verde con esperti che possano aiutare le aziende e i consulenti stessi a rispondere a questioni difficili da comprendere o a dubbi interpretativi del Decreto attuativo, senza essere costrette a rinunciare a questa opportunità. In questo momento è importante instaurare un dialogo con le aziende, per poter usare al meglio i soldi stanziati, affinché non siano semplicemente una boccata di ossigeno per il presente ma un volano di innovazione e di crescita della qualità dei prodotti e dei servizi che le aziende vogliono offrire”.
Fare rete per superare le difficoltà produttive e innovare
La sfida della transizione ad un settore tessile e della moda più circolare e digitale è ormai all’ordine del giorno in tutta Europa. Una necessità e un traguardo da raggiungere che coinvolge tutta la filiera manifatturiera, indipendentemente dal segmento di attività e dalle dimensioni aziendali. Anche in quest’ambito, le micro e piccole imprese possono subire le conseguenze di processi troppo dispendiosi e tortuosi da realizzare.
“Per promuovere l’innovazione sostenibile serve una detassazione del lavoro che possa portare ad un aumento degli stipendi in modo da essere più attrattivi e nello stesso tempo avere maggiori possibilità di investire in figure professionali aggiuntive, ad esempio, da dedicare all’ottenimento di certificazioni, per seguire le rendicontazioni dei bandi, sia da inserire ex novo sia da formare internamente”, spiega Gaia Segattini.
Una conferma che i fattori economici sono un peso non indifferente per lo sviluppo sostenibile delle piccole realtà aziendali del settore moda arriva anche da Doriana Marini: “Oggi il calo delle commesse sta facendo vivere alle nostre PMI un momento particolarmente difficile. Questa situazione porta a non avere riferimenti per il futuro e una scarsa propensione agli investimenti per la ricerca, l’innovazione e la formazione. Viene quindi meno la spinta ad accelerare verso la transizione digitale e circolare, perché diventa prioritario superare in primo luogo una condizione di precarietà. Per questo credo che sia utile prima di tutto fare rete, per elaborare strategie mirate, per condividere i costi e i risultati dell’innovazione, ma anche le spese per la formazione e per l’utilizzo di figure specializzate nella sostenibilità, nella circolarità e nel digitale, per approcciarsi all’intelligenza artificiale e per l’acquisizione di certificazioni specifiche”.
Raccontare il valore della manifattura Made in Italy per crescere
Guardando all’instabilità che caratterizza il settore della moda in Italia, ma anche alle linee normative europee che puntano a costruire un settore tessile più sostenibile e circolare, sono e saranno non poche le sfide che le micro e piccole imprese dovranno affrontare nel 2025 e negli anni futuri. In questo contesto, ci siamo chiesti quali saranno le opportunità di sviluppo che queste aziende dovranno, nonostante tutto, provare a cogliere.
“L’anno che è appena iniziato sarà molto complesso e per sopravvivere sarà necessario sia limitare i costi sia rendersi più visibili sul mercato – spiega Gaia Segattini -. Questo significa, allo stesso tempo, riuscire ad utilizzare strumenti di supporto finanziario come l’accesso al credito garantito, poter disporre di maggiore flessibilità bancaria e di una cassa integrazione finanziata e prolungata, ma anche lavorare per poter migliorare la propria immagine aziendale, investendo per curare il proprio sito web, ottimizzare l’indicizzazione e assumere consulenti commerciali per proporsi sul mercato estero. In tal senso, sarà importante la partecipazione agevolata a fiere ed eventi internazionali”.
E aggiunge Doriana Marini: “Nel settore della moda, la competizione è un tema globale. Le nuove normative europee possono essere un’opportunità premiante per le aziende più virtuose della filiera che, anche se piccole, hanno grandi competenze. Quelle che si sono portate avanti nell’innovare, dedicando attenzione a tematiche ambientali e sociali, alla tracciabilità di filiera e alla gestione degli scarti pre e post-produzione avranno sicuramente opportunità maggiori. Anche in questo caso, a fare la differenza sarà la creazione di reti d’impresa, di consorzi che possano ampliare e rafforzare la comunicazione e la promozione delle PMI. Le realtà più attente alle tematiche ambientali e alla sostenibilità possono fare da traino a tutto il Made in Italy, favorendo l’innovazione e il ricambio generazionale. Per garantire che l’intera filiera della moda resti integra, è quindi indispensabile che le misure del MIMIT prevedano anche la sovvenzione di iniziative per una comunicazione più efficace dell’immenso patrimonio valoriale che rappresenta la moda italiana”.
Non bisogna infatti dimenticare che la sostenibilità e l’innovazione responsabile nel comparto moda non è solo una questione produttiva, ma di approccio al mercato, di informazione trasparente e corretta, di dialogo costante con chi acquista prodotti di abbigliamento e accessori, poiché possa fare scelte consapevoli e mirate. “Perché il nostro settore possa ricominciare a crescere devono ripartire anche i consumi. Saper trasmettere e raccontare il proprio valore, la manifattura del bello che contraddistingue la moda italiana e il lavoro che sta dietro a questa produzione è fondamentale per il rilancio delle nostre imprese. Le persone vanno aiutate a capire cosa si cela dietro una scelta di consumo e dove trovare prodotti di moda etica e circolare”, conclude Doriana Marini.
Il confronto con Dienpi e Gaia Segattini Knotwear ha permesso di mettere a fuoco temi cruciali per la ripartenza e lo sviluppo dell’industria della moda in Italia.
Innanzitutto, le micro e piccole imprese del settore necessitano di un maggior supporto finanziario per investire in prodotti e processi innovativi, che promuovano al contempo sostenibilità e circolarità.
Hanno bisogno di contributi e opportunità concrete per formare e assumere nuovo personale tecnico e specializzato, indispensabile per preservare e innalzare il valore della loro produzione.
Devono poter accedere ai fondi pubblici, con iter più semplici, per riuscire a realizzare progetti a “misura” del proprio business, senza che gravino su un bilancio interno già critico.
Servono inoltre sgravi fiscali e sussidi mirati – come la cassa integrazione in deroga rivolta ad una platea più ampia di aziende – in modo da alleggerire il peso economico della produzione e riportare all’attivo i bilanci.
Intanto, le consultazioni pubbliche e le proposte continuano: il 18 marzo, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha presentato alle principali associazioni di settore il “Piano Italia per la Moda”, che dà seguito a quanto già promesso dal governo per affrontare le difficoltà del settore e rafforzare l’industria della moda Made in Italy (6).
Come si legge dal sito del MIMIT, il ministro Urso ha affermato che il Piano Italia per la Moda vuole “offrire soluzioni strutturali alla filiera, contrastando la crisi di liquidità, supportando gli investimenti, promuovendo la transizione verso la sostenibilità, incentivando le aggregazioni orizzontali e verticali e rafforzando la lotta alla contraffazione” per “consolidare il Sistema Italia, il nostro patrimonio di eccellenza, qualità e creatività”.
Più in generale, il Piano Italia per la Moda si propone, da un lato, di aiutare le imprese ad affrontare difficoltà economiche su larga scala dovute alla contrazione del mercato del lusso in Cina e alle nuove politiche commerciali americane. Dall’altro, cerca di supportare le imprese – lungo l’intera filiera produttiva – con soluzioni per fronteggiare la crisi di liquidità, ad esempio “utilizzando strumenti come i Basket bond, il fondo di Garanzia e i meccanismi rotativi”, ma anche promuovendo la collaborazione e l’integrazione tra grandi e piccole imprese per arrivare ad una crescita dell’intero sistema produttivo. Mentre in fatto di legalità, auspica a definire un Protocollo anti-contraffazione e legalità, per “contrastare le violazioni del diritto di proprietà industriale e tutelare la legalità nel settore della moda”.
Restano ancora da capire i tempi di avvio delle proposte fatte e in che modo si concretizzeranno. Ma soprattutto: queste misure basteranno alle micro e piccole imprese italiane della moda per ricominciare a crescere?
Fonti e risorse:
(1) Infocamere – Registro Imprese: https://www.registroimprese.it/infocamere

Schema elaborato sulla base dei dati forniti da Infocamere – Registro Imprese
(2) Bilancio 2024 Confartigianato: https://www.confartigianato.it/2025/02/studi-bilancio-2024-in-rosso-per-produzione-moda-105-e-meccanica-6-il-punto-sulla-crisi-nel-report-di-confartigianato/#:~:text=Nel%20bilancio%20del%202024%20la,6%2C0%25%20della%20produzione
(3) Rilancio Made in Italy – MIMIT: https://www.mimit.gov.it/it/notizie-stampa/moda-urso-massimo-sforzo-per-rilancio-250-mln-per-le-imprese-nel-2025
(4) Rapporto “Facts and Key Figures 2024” di Euratex: https://euratex.eu/wp-content/uploads/EURATEX-Facts-Key-Figures-2024.pdf
(5) Francesca Romana Rinaldi, Circular Fashion Management: https://bup.egeaonline.it/en/119/book-profiles/237/circular-fashion-management
(6) “Moda: Urso, “Piano Italia per affrontare sfide del settore e consolidare la filiera”, https://www.mimit.gov.it/it/notizie-stampa/moda-urso-piano-italia-per-affrontare-sfide-del-settore-e-consolidare-la-filiera
Immagini:
Pexels, Gaia Segattini Knotwear, Lidya Nada, Dienpi
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